È più forte di me: la notte di ferragosto non riesco a non pensare agli anni trascorsi nei villaggi turistici. Alle persone che ho incontrato, alla fatica, al divertimento, alle gioie, ai dolori, alle lacrime, ai legami indissolubili, alle delusioni. Alla vita. Perché quella dell’animatore è un’altra, indimenticabile vita.
È la notte più lunga, eppure l’alba sembra arrivare troppo presto.
È la notte più faticosa, eppure la stanchezza (quasi) non la senti.
È la notte che hai preparato in ogni minimo dettaglio e nonostante tutto cI sono sempre un paio (di dozzine) di emergenze dell’ultimo minuto.
È la notte che “basta cazzo, questa è l’ultima” e quando non c’è più diventa “cazzo, quanto mi manca”.
È la notte che (forse) decide tutto. Ma forse no.
È la notte del “dai che poi è tutta in discesa”. Ma non è vero niente.
È la notte dove poi tutti gli ospiti chiedono: “siete stanchi eh?”. Respira, chiudi gli occhi, sorridi. E pensa: mavaffanculova.
È la notte che ti porterà a versare lacrime di stanchezza e gioia.
È quella notte che ti farà innamorare (oppure odiare) definitamente questa professione.
È la notte al termine della quale abbraccerai i tuoi colleghi e li guarderai in modo diverso. Come dei fratelli.
È quella notte. Che se non l’hai vissuta in prima persona non puoi capirne davvero la magia. Che spiega il senso di un lavoro che per alcuni è un gioco, per troppi un’idiozia, per tanti un bel ricordo, per qualcuno la vita.
Attaccato a quel palloncino non c’è semplicemente un desiderio. C’è molto, molto di più. Lascialo volare.
Non sforzarti di comprendere se non hai mai fatto l’animatore. Davvero, non capiresti.
Merda, ragazzi. A chi è ancora in prima linea, a chi supporta i combattenti, a chi non può fare a meno di scrivere un post su facebook in ricordo di quelle notti, ai fratelli con cui ho condiviso questa incredibile e inspiegabile vita.